La storia delle donne che lavorano nell’ambito del progetto di trasformazione dello spazio fisico, come architette o ingegnere, come urbaniste o paesaggiste, è una storia recente e molto resta ancora da scrivere. Il titolo attribuito al panel Abitare lo spazio pubblico. Percorsi di genere dalla cura al progetto vuole prendere in esame questo universo poco esplorato per disvelare figure, ruoli e pratiche femminili. E se un tempo eravamo solo muse ispiratrici e poi siamo diventate committenti illuminate (Friedman, 1998), oggi abbiamo maturato una reale consapevolezza del nostro ruolo di "autrici", di progettiste nell'esplorazione e nell'invenzione dello spazio. Il nostro campo di riflessione si è allargato dalla casa alla città, è uscito dal solo vissuto e narrato per diventare esperienza pianificata e progettata (Gallucci e Mattogno 2000; Parametro 2005). In questa direzione il panel ha inteso proporre una riflessione sul senso dell’abitare lo spazio pubblico, tracciando un punto di vista di genere, che dal quotidiano e dal lavoro di cura arriva al progetto di modificazione e innovazione per incoraggiare nuovi sensibili metodi di approccio tra saperi esperti e saperi condivisi come fertile relazione tra le persone e il territorio. I testi che seguono cercano, dunque, di mettere in rilievo le differenti sfaccettature e scale di approccio, come ben mette in evidenza la relazione di apertura affidata a Elena Pulcini che insegna Filosofia Sociale presso l’università di Firenze. I suoi campi di interesse riguardano la Teoria critica della modernità e l’individualismo moderno, la teoria delle passioni e la teoria del soggetto femminile, la filosofia della cura. Ed è proprio a partire dal tema della cura, a lungo confinata negli angusti e riduttivi recinti domestici e femminili, che prende il titolo il suo intervento nel quale esamina la svalutazione della cura assieme alla marginalizzazione delle donne e al disprezzo della loro identità. Riabilitare la cura si rivela un’operazione essenziale per sottrarla all’esclusiva identificazione con la sfera privata e soprattutto per estenderla alla sfera pubblica, ripensando al contempo il paradigma del soggetto moderno. Il tema della cura nell’ambito delle trasformazioni dello spazio fisico rinvia al lavoro di Ida Farè, docente di Antropologia del quotidiano e fondatrice del gruppo Vanda, comunità accademica femminile del Politecnico di Milano che, dal 1990, svolge ricerche, tesi di laurea, laboratori su teorie ed opere delle donne in architettura. I suoi interessi di ricerca investono i rapporti tra pubblico e privato nella percezione, nel vissuto e nel progettato, come ben ha messo in risalto anche di recente nel volume da lei curato con altre Architetture del desiderio (2011) in cui emergono le mille microarchitetture del quotidiano, fatte nascere dal sapere femminile per prendersi cura della città. La dimensione del quotidiano è un ambito di riflessione condiviso da molte e non è certo intesa come ripiegamento riduttivo o consolatorio nell’ambito protetto del privato. Essa rappresenta piuttosto una forma di azione incisiva e attenta, minimale ma pervasiva, in grado di incidere sulla qualità di vita, come ben argomenta Paola Di Biagi, che insegna urbanistica presso la facoltà di Architettura di Trieste. Paola Di Biagi, che insegna urbanistica presso la facoltà di Architettura di Trieste. Il suo testo Abitare la quotidianità: dallo spazio domestico allo spazio pubblico, esplora l’ipotesi che non solo grazie alle specifiche competenze professionali di architette o urbaniste le donne siano progettiste di spazi, ma anche attraverso le pratiche del loro abitare quotidiano, un abitare capace di modificare in particolare gli spazi di prossimità. Attrezzature e servizi sono al centro della riflessione che propone Assunta D’Innocenzo, che è stata direttora di Agorà, società di ricerca e sperimentazione della Legacoop-Abitanti, coordinando numerose proposte sperimentali nell’ambito dei Contratti di Quartiere in diversi comuni italiani e che dal 1998 dirige AeAInforma, la rivista dell’Associazione Nazionale Abitare e Anziani. La sua relazione, Welfare Urbano e Spazi innovativi per Comunità solidali, prende in esame i cambiamenti demografici in atto e le loro ripercussioni sulle forme dell’abitare, tracciando un sintetico bilancio dell’evoluzione che i servizi collettivi hanno conosciuto dalla fine del XIX secolo ad oggi. I prossimi decenni, infatti, saranno interessati da un crescente invecchiamento della popolazione, e specialmente quella femminile, per cui si renderà necessario proporre nuovi modelli di integrazione sociale e abitativa maggiormente vicini alle esigenze delle donne della terza, ma anche della quarta età. Il tema dei servizi, come attrezzature urbane e come spazi di libertà, viene esplorato da Cristina Renzoni che ricostruisce l’attività dell’Udi (Unione Donne Italiane) a cavallo tra anni Cinquanta e Sessanta nel portare avanti alcune importanti battaglie per la rivendicazione della parità dei sessi e del diritto al lavoro femminile. Rivendicazioni che si incrociano in modi interessanti con la domanda di genere sulla città: una “domanda competente”, in cui servizi e attrezzature rappresentano una delle forme che assume il processo di emancipazione femminile attraverso la costruzione di reti di dotazioni urbane che possano garantire alla donna, in primo luogo, il diritto al lavoro e alla famiglia. L’intera sessione è stata dedicata al ricordo di Laura Gallucci, con la quale abbiamo abitato insieme la Casa di Eva, e che ci ha improvvisamente lasciate nel luglio 2012. Laura che ha militato nel movimento delle donne e che ha animato collettivi, Laura che ha svolto la professione di architetta progettando e ristrutturando un centinaio di case, osservando e ragionando sui cambiamenti degli spazi dell’abitare, sulle trasformazioni della famiglia, sulle modificazioni dei modi di vita. È per ricordare Laura che abbiamo immaginato questo seminario come un modo concreto per pensare a lei e per andare avanti nella riflessione collettiva sull’abitare dal punto di vista delle donne.
Abitare lo spazio pubblico. Percorsi di genere dalla cura al progetto / Mattogno, Claudia; Di Biagi, Paola. - (2015), pp. 1317-1331. - SOGGETTI RIVELATI.
Abitare lo spazio pubblico. Percorsi di genere dalla cura al progetto
Mattogno, Claudia;Di Biagi, Paola
2015
Abstract
La storia delle donne che lavorano nell’ambito del progetto di trasformazione dello spazio fisico, come architette o ingegnere, come urbaniste o paesaggiste, è una storia recente e molto resta ancora da scrivere. Il titolo attribuito al panel Abitare lo spazio pubblico. Percorsi di genere dalla cura al progetto vuole prendere in esame questo universo poco esplorato per disvelare figure, ruoli e pratiche femminili. E se un tempo eravamo solo muse ispiratrici e poi siamo diventate committenti illuminate (Friedman, 1998), oggi abbiamo maturato una reale consapevolezza del nostro ruolo di "autrici", di progettiste nell'esplorazione e nell'invenzione dello spazio. Il nostro campo di riflessione si è allargato dalla casa alla città, è uscito dal solo vissuto e narrato per diventare esperienza pianificata e progettata (Gallucci e Mattogno 2000; Parametro 2005). In questa direzione il panel ha inteso proporre una riflessione sul senso dell’abitare lo spazio pubblico, tracciando un punto di vista di genere, che dal quotidiano e dal lavoro di cura arriva al progetto di modificazione e innovazione per incoraggiare nuovi sensibili metodi di approccio tra saperi esperti e saperi condivisi come fertile relazione tra le persone e il territorio. I testi che seguono cercano, dunque, di mettere in rilievo le differenti sfaccettature e scale di approccio, come ben mette in evidenza la relazione di apertura affidata a Elena Pulcini che insegna Filosofia Sociale presso l’università di Firenze. I suoi campi di interesse riguardano la Teoria critica della modernità e l’individualismo moderno, la teoria delle passioni e la teoria del soggetto femminile, la filosofia della cura. Ed è proprio a partire dal tema della cura, a lungo confinata negli angusti e riduttivi recinti domestici e femminili, che prende il titolo il suo intervento nel quale esamina la svalutazione della cura assieme alla marginalizzazione delle donne e al disprezzo della loro identità. Riabilitare la cura si rivela un’operazione essenziale per sottrarla all’esclusiva identificazione con la sfera privata e soprattutto per estenderla alla sfera pubblica, ripensando al contempo il paradigma del soggetto moderno. Il tema della cura nell’ambito delle trasformazioni dello spazio fisico rinvia al lavoro di Ida Farè, docente di Antropologia del quotidiano e fondatrice del gruppo Vanda, comunità accademica femminile del Politecnico di Milano che, dal 1990, svolge ricerche, tesi di laurea, laboratori su teorie ed opere delle donne in architettura. I suoi interessi di ricerca investono i rapporti tra pubblico e privato nella percezione, nel vissuto e nel progettato, come ben ha messo in risalto anche di recente nel volume da lei curato con altre Architetture del desiderio (2011) in cui emergono le mille microarchitetture del quotidiano, fatte nascere dal sapere femminile per prendersi cura della città. La dimensione del quotidiano è un ambito di riflessione condiviso da molte e non è certo intesa come ripiegamento riduttivo o consolatorio nell’ambito protetto del privato. Essa rappresenta piuttosto una forma di azione incisiva e attenta, minimale ma pervasiva, in grado di incidere sulla qualità di vita, come ben argomenta Paola Di Biagi, che insegna urbanistica presso la facoltà di Architettura di Trieste. Paola Di Biagi, che insegna urbanistica presso la facoltà di Architettura di Trieste. Il suo testo Abitare la quotidianità: dallo spazio domestico allo spazio pubblico, esplora l’ipotesi che non solo grazie alle specifiche competenze professionali di architette o urbaniste le donne siano progettiste di spazi, ma anche attraverso le pratiche del loro abitare quotidiano, un abitare capace di modificare in particolare gli spazi di prossimità. Attrezzature e servizi sono al centro della riflessione che propone Assunta D’Innocenzo, che è stata direttora di Agorà, società di ricerca e sperimentazione della Legacoop-Abitanti, coordinando numerose proposte sperimentali nell’ambito dei Contratti di Quartiere in diversi comuni italiani e che dal 1998 dirige AeAInforma, la rivista dell’Associazione Nazionale Abitare e Anziani. La sua relazione, Welfare Urbano e Spazi innovativi per Comunità solidali, prende in esame i cambiamenti demografici in atto e le loro ripercussioni sulle forme dell’abitare, tracciando un sintetico bilancio dell’evoluzione che i servizi collettivi hanno conosciuto dalla fine del XIX secolo ad oggi. I prossimi decenni, infatti, saranno interessati da un crescente invecchiamento della popolazione, e specialmente quella femminile, per cui si renderà necessario proporre nuovi modelli di integrazione sociale e abitativa maggiormente vicini alle esigenze delle donne della terza, ma anche della quarta età. Il tema dei servizi, come attrezzature urbane e come spazi di libertà, viene esplorato da Cristina Renzoni che ricostruisce l’attività dell’Udi (Unione Donne Italiane) a cavallo tra anni Cinquanta e Sessanta nel portare avanti alcune importanti battaglie per la rivendicazione della parità dei sessi e del diritto al lavoro femminile. Rivendicazioni che si incrociano in modi interessanti con la domanda di genere sulla città: una “domanda competente”, in cui servizi e attrezzature rappresentano una delle forme che assume il processo di emancipazione femminile attraverso la costruzione di reti di dotazioni urbane che possano garantire alla donna, in primo luogo, il diritto al lavoro e alla famiglia. L’intera sessione è stata dedicata al ricordo di Laura Gallucci, con la quale abbiamo abitato insieme la Casa di Eva, e che ci ha improvvisamente lasciate nel luglio 2012. Laura che ha militato nel movimento delle donne e che ha animato collettivi, Laura che ha svolto la professione di architetta progettando e ristrutturando un centinaio di case, osservando e ragionando sui cambiamenti degli spazi dell’abitare, sulle trasformazioni della famiglia, sulle modificazioni dei modi di vita. È per ricordare Laura che abbiamo immaginato questo seminario come un modo concreto per pensare a lei e per andare avanti nella riflessione collettiva sull’abitare dal punto di vista delle donne.File | Dimensione | Formato | |
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